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torek, 13. marec 2007

o6 VELASQUEZ (Roberto Vecchioni)


Ahi Velasquez, dove porti la mia vita?
un fiore di camposi è impigliato fra le dita,
e tante stelle, tante nelle notti chiare,
e mille lune, mille dune da scoprire.
Ahi Velasquez, non ti avessi mai seguito,
con te non si torna una volta sola indietro:
in mezzo ai venti, sempre genti da salvare,
sei morto mille volte senza mai morire.
Un vecchio zingaro ungherese
di te parlando mi giurò
che c'eri prima di suo padre,
più in là nel tempo non andò.
I cerchi del tuo tronco sono
ferite d'armi e di parole
che mai nessuno vendicò
Ahi Velasquez, com'è duro questo amore.
Mi pesa la notte prima di ricominciare:
e tante veglie, come soglie di un mistero,
per arrivare sempre più vicino al vero...
Ahi Velasquez certe sere quanta voglia,
fermare la vela e ritornare da mia moglie;
e tu mi dici: "Fatti scrivere", è normale,
per te bisogna sempre scrivere e lottare.
E la tempesta ci sorprese
due miglia dopo Capo Horn:
se ne rideva delle offese,
in mezzo al ponte si distese
e fino all'alba mi cantò
Ragazze, terre, contadini,
da sempre popoli e padroni,
fu lì che tutto comincò.
Ahi Velasquez fino a quando inventeremo
un nido di rose ai piedi dell'arcobaleno,
e tante stelle, tante nelle notti chiare
per questo mondo, questo mondo da cambiare?
Ahi Velasquez, ahi chitarra come spada,
mantello di sabbia, orecchio mozzo, antica sfida,
eterna attesa, corda tesa da spazzare,
e tanta voglia, tanta voglia di tornare... 





sreda, 16. avgust 2006

o5 STRANAMORE (Roberto Vecchioni)









È lui che torna a casa sbronzo quasi tutte le sere
e quel silenzio tra noi due che sembra non finire,
quando lo svesto. lo rivesto e poi lo metto a letto,
e quelle lettere che scrive e poi non sa spedirmi...
forse lasciarlo sulle scale è un modo di salvarmi
E tu che hai preso in mano
il filo del mio treno di legno,
che per essere più grande avevo dato in pegno:
e ti ho baciato sul sorriso per non farti male,
e ti ho sparato sulla bocca invece di baciarti
perchè non fosse troppo lungo il tempo di lasciarti:
Forse non lo sai ma pure questo è amore.
E l'alba sul Danubio a Marco parve fosforo e miele
e una ragazza bionda forse gli voleva dire
che l'uomo è grande, l'uomo è vivo,
l'uomo non è guerra;
ma i generali gli rispondono che l'uomo è vino,
combatte bene e muore meglio
solo quando è pieno.
E il primo disse "Ah sì,
non vuoi comprare il nostro giornale?!"
e gli altri "Lo teniamo fermo tanto per parlare"
ed io pensai - ora gli dico "Sono anch'io fascista" -
ma ad ogni pugno che arrivava dritto sulla testa
la mia paura non bastava a farmi dire basta.
Ed il più grande
conquistò nazione dopo nazione,
e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione
perchè più in là
non si poteva conquistare niente:
e tanta strada per vedere un sole disperato,
e sempre uguale e sempre
Bello l'eroe con gli occhi azzurri dritto sopra la nave,
ha più ferite che battaglie, e lui ce l'ha la chiave,
Ha crocefissi e falci in pugno e bla bla bla fratelli,
ed io ti ho sollevata figlia per vederlo meglio,
io che non parto e sto a guardarti
e che rimango sveglio. 





petek, 17. februar 2006

o4 SAMARCANDA (Roberto Vecchioni)









C'era una gran festa nella capitale
perché la guerra era finita.
I soldati erano tornati tutti a casa ed avevano gettato le divise.
Per la strada si ballava e si beveva vino,
i musicanti suonavano senza interruzione.
Era primavera e le donne finalmente potevano, dopo tanti anni,
riabbracciare i loro uomini. All'alba furono spenti i falò
e fu proprio allora che tra la folla,
per un momento, a un soldato parve di vedere
una donna vestita di nero
che lo guardava con occhi cattivi.
Ridere, ridere, ridere ancora,
Ora la guerra paura non fa,
brucian le divise dentro il fuoco la sera,
brucia nella gola vino a sazietà,
musica di tamburelli fino all'aurora,
il soldato che tutta la notte ballò
vide tra la folla quella nera signora,
vide che cercava lui e si spaventò.
"Salvami, salvami, grande sovrano,
fammi fuggire, fuggire di qua,
alla parata lei mi stava vicino,
e mi guardava con malignità"
"Dategli, dategli un animale,
figlio del lampo, degno di un re,
presto, più presto perché possa scappare,
dategli la bestia più veloce che c'è
"Corri cavallo, corri ti prego
fino a Samarcanda io ti guiderò,
non ti fermare, vola ti prego
corri come il vento che mi salverò
oh oh cavallo.
Fiumi poi campi, poi l'alba era viola,
bianche le torri che infine toccò,
ma c'era tra la folla quella nera signora
stanco di fuggire la sua testa chinò:
"Eri fra la gente nella capitale,
so che mi guardavi con malignità,
son scappato in mezzo ai grillie alle cicale,
son scappato via ma ti ritrovo qua!"
"Sbagli, t'inganni, ti sbagli soldato
io non ti guardavo con malignità,
era solamente uno sguardo stupito,
cosa ci facevi l'altro ieri là?
T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda
eri lontanissimo due giorni fa,
ho temuto che per ascoltar la banda
non facessi in tempo ad arrivare qua.
Non è poi così lontana Samarcanda,
corri cavallo, corri di là...
ho cantato insieme a te tutta la notte
corri come il vento che ci arriverà
oh oh cavallo.




 



četrtek, 30. junij 2005

o3 OLTRE IL GIARDINO (Roberto Vecchioni)

Nasce una rosa a gennaio, come la neve
scivola in strada, il vento la spazzerà
Compagni di giochi sudati, sempre gli stessi
odori di terra che ora non sento più
Per strada c'ero anch'io, avevo quindici anni
guardavo un po' più in là, vedevo quelle luci della città
Oltre il giardino c'è il mondo
un drago di luci che incantano in fondo alla via
e la mia vita per strada rimbalza
in un angolo... un attimo un'altra partita e va...
Rosa affacciata al balcone
cresciuta per strada in mezzo a rotaie
fra le sbarre di una prigione
Uomini senza profilo e quanti nodi ad ogni porto
delusi, feriti...ma domani si partirà




torek, 26. oktober 2004

o2 LUCI A SAN SIRO (Roberto Vecchioni)


Hanno ragione, hanno ragione
mi han detto:"E' vecchio tutto quello che lei fa,
parli di donne da buon costume,
di questo han voglia se non l'ha capito già"
E che gli dico:"Guardi non posso, io quando ho amato
ho amato dentro gli occhi suoi,
magari anche fra le sue braccia
ma ho sempre pianto per la sua felicità"
Luci a San Siro di quella sera
che c'è di strano siamo stati tutti là,
ricordi il gioco dentro la nebbia?
Tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là.
Ma stai barando, tu stai gridando,
così non vale, è troppo facile così
trovarti amarti giocare il tempo
sull'erba morta con il freddo che fa qui
Ma il tempo emigra mi han messo in mezzo
non son capace più di dire un solo no
Ti vedo e a volte ti vorrei dire
ma questa gente intorno a noi che cosa fa?
Fa la mia vita, fa la tua vita
tanto doveva prima o poi finire lì
ridevi e forse avevi un fiore
non ti ho capita, non mi hai capito mai
Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni
che più ne scrivi più sei bravo e fai danè
tanto che importa a chi le ascolta
se lei c'è stata o non c'è stata e lei chi è?
Fatti pagare, fatti valere
più abbassi il capo più ti dicono di si
e se hai le mani sporche che importa
tienile chiuse e nessuno lo saprà
Milano mia portami via, fa tanto freddo,
ho schifo e non ne posso più,
facciamo un cambio prenditi pure
quel po' di soldi quel po' di celebrità
ma dammi indietro la mia seicento,
i miei vent'anni e una ragazza che tu sai
Milano scusa stavo scherzando,
luci a San Siro non ne accenderanno più.




 




ponedeljek, 6. maj 2002

o1 CANZONE PER LAURA (Roberto Vecchioni)













Al primo amore si fermò
scese dalla filovia
e allora il mondo gli sembrò
una drogheria, una drogheria:
l'ultima volta che lo videro
era col circo del "pensateci un po' voi",
dove leoni, clowns, acrobati,
stavan fermi come lui
Va da sé che Laura non crede,
non crede più,
passa il sale, chiacchiera, siede
e guarda giù.
Fu re Riccardo il primo che
salutò la compagnia,
si tolse l'elmo e disse "tie'!",
ma con cortesia, ma con cortesia;
era una guerra un po' del cavolo,
mancava un senso , un apriscatole, un'idea,
eppure tutti comandavano,
a che cosa non si sa.
E Marco Polo li fregò:
doge, moglie, turchi, idee,
partì da Chioggia ed arrivò
non più giù di Bari,
poi disse "ho visto orienti magici",
ma almeno aveva avuto della fantasia;
i veneziani che applaudivano
solo invidia e ipocrisia.
Poi quel bimbo si voltò
e contò le nostalgie,
scese dal palco e disse "no!"
"sono cose mie, solamente mie"
e mentre tutti si aspettavano
la giravolta, il salto doppio, la poesia,
gridò a chi stava a capotavola:
"stacci attento e fila via!".
Perché adesso Laura ci crede,
ci crede sì,
chiude gli occhi e dentro sorride,
adesso sì.