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nedelja, 5. november 2006

27 TITANIC (Francesco De Gregori)


La prima classe costa mille lire,
la seconda cento, la terza dolore e spavento.
E puzza di sudore dal boccaporto
e odore di mare morto.
Sior Capitano mi stia a sentire,
ho belle e pronte le mille lire,
in prima classe voglio viaggiare
su questo splendido mare.
Ci sta mia figlia che ha quindici anni ed a Parigi ha comprato un cappello,
se ci invitasse al suo tavolo a cena come sarebbe bello.
E con l'orchestra che ci accompagna con questi nuovi ritmi americani,
saluteremo la Gran Bretagna col bicchiere tra le mani
e con il ghiaccio dentro al bicchiere faremo un brindisi tintinnante
a questo viaggio davvero mondiale, a questa luna gigante.
Ma chi l'ha detto che in terza classe,
che in terza classe si viaggia male,
questa cuccetta sembra un letto a due piazze,
ci si sta meglio che in ospedale.
A noi cafoni ci hanno sempre chiamato
ma qui ci trattano da signori,
che quando piove si può star dentro
ma col bel tempo veniamo fuori.
Su questo mare nero come il petrolio ad ammirare questa luna metallo
e quando suonano le sirene ci sembra quasi che canti il gallo.
Ci sembra quasi che il ghiaccio che abbiamo nel cuore piano piano
si vada a squagliare in mezzo al fumo di questo vapore di questa vacanza in alto mare.
E gira gira gira gira l'elica e gira gira che piove e nevica,
per noi ragazzi di terza classe che per non morire si va in America.
E il marconista sulla sua torre,
le lunghe dita celesti nell'aria,
riceveva messaggi d'auguri
per questa crociera straordinaria.
E trasmetteva saluti e speranze
in quasi tutte le lingue del mondo,
comunicava tra Vienna e Chicago
in poco meno di un secondo.
E la ragazza di prima classe, innamorata del proprio cappello,
quando la sera lo vide ballare lo trovò subito molto bello.
Forse per via di quegli occhi di ghiaccio così difficili da evitare,
pensò "Magari con un pò di coraggio, prima dell'arrivo mi farò baciare".
E com'è bella la vita stasera, tra l'amore che tira e un padre che predica,
per noi ragazze di terza classe che per non sposarci si va in America. 





sreda, 22. februar 2006

26 SANTA LUCIA (Francesco De Gregori)


Santa Lucia, per tutti quelli che hanno occhi
e gli occhi e un cuore che non basta agli occhi
e per la tranquillità di chi va per mare
e per ogni lacrima sul tuo vestito,
per chi non ha capito.
Santa Lucia per chi beve di notte
e di notte muore e di notte legge
e cade sul suo ultimo metro,
per gli amici che vanno e ritornano indietro
e hanno perduto l'anima e le ali.
Per chi vive all'incrocio dei venti
ed è bruciato vivo,
per le persone facili che non hanno dubbi mai,
per la nostra corona di stelle e di spine,
per la nostra paura del buio e della fantasia.
Santa Lucia, il violino dei poveri è una barca sfondata
e un ragazzino al secondo piano che canta,
ride e stona perchè vada lontano,
fa che gli sia dolce anche la pioggia delle scarpe. 






torek, 17. januar 2006

25 RIMMEL (Francesco De Gregori)




E qualcosa rimane, fra le pagine chiare,
fra le pagine scure,
e cancello il tuo nome dalla mia facciata
e confondo i miei alibi e le tue ragioni,
i miei alibi e le tue ragioni.
Chi mi ha fatto le carte mi ha chiamato vincente
ma lo zingaro è un trucco.
Ma un futuro invadente, fossi stato un pò più giovane,
l'avrei distrutto con la fantasia,
l'avrei stracciato con la fantasia.
Ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo
e la mia faccia sovrapporla
a quella di chissà chi altro.
I tuoi quattro assi, bada bene, di un colore solo,
li puoi nascondere o giocare come vuoi
o farli rimanere buoni amici come noi.
Santa voglia di vivere e dolce Venere di Rimmel.
Come quando fuori pioveva e tu mi domandavi
se per caso avevi ancora quella foto
in cui tu sorridevi e non guardavi.
Ed il vento passava sul tuo collo di pelliccia
e sulla tua persona e quando io,
senza capire, ho detto sì.
Hai detto "E' tutto quel che hai di me".
È tutto quel che ho di te.
Ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo
e la mia faccia sovrapporla
a quella di chissà chi altro.
I tuoi quattro assi, bada bene, di un colore solo,
li puoi nascondere o giocare come vuoi
o farli rimanere buoni amici come noi. 






torek, 27. december 2005

24 RENOIR (Francesco De Gregori)

 

Gli aerei stanno al cielo, come le navi al mare
come il sole all'orizzonte la sera, come vero che non voglio tornare
a una stanza vuota e tranquilla dove aspetto un amore lontano
e mi pettino i pensieri col bicchiere nella mano
Chi di voi l'ha vista partire, dica pure che stracciona era
quanto vento aveva nei capelli, se rideva o se piangeva
la mattina che prese il treno, era seduta accanto al finestrino
vide passare l'Italia ai suoi piedi, giocando a carte col suo destino
Ora i tempi si sa che cambiano, passano e tornano tristezza e amore
da qualche parte c'è una stanza più calda
sicuramente esiste un uomo migliore
io nel frattempo ho scritto altre canzoni, di lei parlano raramente
ma non vero che io l'abbia perduta, dimenticata come dice la gente. 




sobota, 17. december 2005

29 RAGGIO DI SOLE (Francesco De Gregori)



Benvenuto raggio di sole, a questa terra di terra e sassi
a questi laghi bianchi come la neve, sotto i tuoi passi stanchi
a questo amore a questa distrazione, a questo carnevale
dove nessuno ti vuole bene, dove nessuno ti vuole male.
A questa musica che non ha orecchi, a questi libri senza parole
benvenuto raggio di sole, avrai matite per giocare
e un bicchiere per bere forte, e un bicchiere per bere piano
un sorriso per difenderti e un passaporto per andare via lontano
Benvenuto a questa finestra, a questo cielo sereno
a tutti i clackson della mattina, a questo mondo gi troppo pieno
a questa strana ferrovia, unica al mondo per dove può andare
ti porta dove porta il vento, ti porta dove scegli di ritornare
A questa luna tranquilla, che si siede dolcemente
in mezzo al mare c'è qualche nuvola ma non fa niente
perché lontano passa una nave, tutte le luci sono accese
benvenuto figlio di nessuno, benvenuto in questo paese.

torek, 22. november 2005

23 QUATTRO CANI (Francesco De Gregori)







Quattro cani per strada.
Il primo è un cane di guerra
e nella bocca ossi non ha e nemmeno violenza.
vive addosso ai muri e non parla mai.
Il secondo è un bastardo che conosce la fame e la tranquillità
ed il piede dell'uomo e la strada.
Ogni volta che muore gli rinasce la coda.
E il terzo è una cagna, quasi sempre si nega,
qualche volta si dà e semina i figli nel mondo.
Perchè è del mondo che sono figli, i figli.
Quattro cani per strada
e la strada è già piazza e la sera è già notte.
Se ci fosse la luna, se ci fosse la luna si potrebbe cantare.
Il quarto ha un padrone,
non sa dove andare, comunque ci va,
va dietro ai fratelli e si fida.
Ogni tanto si ferma a annusare la vita, la vita.
Quattro cani per strada e la strada
è già piazza e la sera è già notte.
Se ci fosse la luna,
se ci fosse la luna si potrebbe cantare.
Si potrebbe cantare. 






sreda, 21. september 2005

22 PICCOLA MELA (Francesco De Gregori)









Mi metto in tasca una piccola mela,
Ti legassero in piazza con chiodi
e catene se davvero non sei sincera.
La figlia del dottore è una maestrina.
E conosce a memoria tutti i libri di Omero,
li ripassa tre volte la mattina.
Mi metto in tasca un piccolo fiore,
Ti legassero stretta alla quercia più vecchia,
se davvero non vuoi il mio cuore.
La figlia del dottore sa cantare.
E mi piace poi tanto quel suo modo di fare,
forse un giorno faremo l'amore. 




četrtek, 15. september 2005

21 PIANO BAR (Francesco De Gregori)









Uno scudo bianco in campo azzurro,
è la sua fotografia,
chiunque lo conosca bene
può chiamarlo senza offesa
uomo di poca malinconia.
È un pianista di piano bar,
vende a tutti quel che fa
non sperare di farlo piangere,
perché piangere non sa.
Nella punta delle dita poco jazz,
poche ombre nella vita.
Solo un pianista di piano bar
e suonerà finché lo vuoi sentire
non ti deluderà,
solo un pianista di piano bar
e canterà finché lo vuoi sentire
non ti disturberà.
Questo strano tipo di bambina,
vuole la compagnia,
la risata forte e l'amicizia a cena,
ama se stesso senza allegria.
È un pianista di piano bar,
vende a tutti quel che fa
non sperare di farlo piangere,
perché piangere non sa.
Nella punta delle dita poco jazz,
poche ombre nella vita.
Solo un pianista di piano bar
e suonerà finché lo vuoi sentire
non ti disturberà,
solo un pianista di piano bar
e canterà finché lo vuoi sentire
non ti deluderà. 





sreda, 14. september 2005

2o PEZZI DI VETRO (Francesco De Gregori)


L'uomo che cammina sui pezzi di vetro
dicono ha due anime e un sesso di ramo duro in cuore
e una luna e dei fuochi alle spalle mentre balla e balla,
sotto l'angolo retto di una stella.
Niente a che vedere col circo,
nè acrobati nè mangiatori di fuoco,
piuttosto un santo a piedi nudi,
quando vedi che non si taglia, già lo sai.
Ti potresti innamorare di lui,
forse sei già innamorata di lui,
cosa importa se ha vent'anni
e nelle pieghe della mano,
una linea che gira e lui risponde serio
"è mia"; sottindente la vita.
E la fine del discorso la conosci già,
era acqua corrente un pò di tempo fà che ora si è fermata qua.
Non conosce paura l'uomo che salta
e vince sui vetri e spezza bottiglie e ride e sorride,
perchè ferirsi non è impossibile,
morire meno che mai e poi mai.
Insieme visitata è la notte che dicono ha due anime
e un letto e un tetto di capanna utile e dolce
come ombrello teso tra la terra e il cielo.
Lui ti offre la sua ultima carta,
il suo ultimo prezioso tentativo di stupire,
quando dice "È quattro giorni che ti amo,
ti prego, non andare via, non lasciarmi ferito".
E non hai capito ancora come mai,
mi hai lasciato in un minuto tutto quel che hai.
Però stai bene dove stai. Però stai bene dove stai. 






nedelja, 17. julij 2005

19 PABLO (Francesco De Gregori)


Mio padre seppellito un anno fà,
nessuno più coltivare la vite.
Verde rame sulle sue poche unghie
e troppi figli da cullare.
E il treno io l'ho preso e ho fatto bene.
Spago sulla mia valigia non ce n'era,
solo un pò d'amore la teneva insieme,
solo un pò di rancore la teneva insieme.
Il collega spagnolo non sente, non vede,
ma parla del suo gallo da battaglia e della latteria.
Diventa terra.
Prima parlava strano ed io non lo capivo,
però il pane con lui lo dividevo
e il padrone non sembrava poi cattivo.
Hanno pagato Pablo, Pablo è vivo.
Con le mani posso fare castelli,
costruire autostrade, parlare con Pablo,
lui conosce le donne e tradisce la moglie.
Con le donne e il vino e la Svizzera verde.
E se un giorno è caduto, è caduto per caso
pensando al suo gallo o alla moglie ingrassata come da foto.
Prima parlava strano ma io non lo capivo,
però il fumo con lui lo dividevo
e il padrone non sembrava poi cattivo.
Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo. 





sreda, 23. marec 2005

18 NIENTE DA CAPIRE (Francesco De Gregori)


Le stelle sono tante, milioni di milioni,
la luce dei lampioni si confonde con la strada lucida.
Seduto o non seduto, faccio sempre la mia parte,
con l'anima in riserva e il cuore che non parte.
Però Giovanna io me la ricordo ma è un ricordo che vale dieci lire.
E non c'è niente da capire.
Mia moglie ha molti uomini,
ognuno è una scommessa perduta ogni mattina nello specchio del caffè.
Io amo le sue rughe ma lei non lo capisce,
ha un cuore da fornaio e forse mi tradisce,
però Giovanna è stata la migliore,
faceva dei giochetti da impazzire.
E non c'è niente da capire.
Se tu fossi di ghiaccio ed io fossi di neve,
che freddo amore mio, pensaci bene a far l'amore.
È giusto quel che dici ma i tuoi calci fanno male,
io non ti invidio niente,
non ho niente di speciale.
Ma se i tuoi occhi fossero ciliege io non ci troverei niente da dire.
E non c'è niente da capire.
È troppo tempo amore che noi giochiamo a scacchi,
mi dicono che stai vincendo e ridono
da matti, ma io non lo sapevo che era una partita,
posso dartela vinta e tenermi la mia vita.
Però se un giorno tornerai da queste parti,
riportami i miei occhi e il tuo fucile.
E non c'è niente da capire. 





sobota, 26. februar 2005

17 NATALE (Francesco De Gregori)


C'è la luna sui tetti e c'è la notte per strada
le ragazze ritornano in tram
ci scommetto che nevica, tra due giorni Natale
ci scommetto dal freddo che fa.
E da dietro la porta sento uno che sale
ma si ferma due piani più giù
un peccato davvero ma io già lo sapevo
che comunque non potevi esser tu
E tu scrivimi, scrivimi
se ti viene la voglia
e raccontami quello che fai
se cammini nel mattino e ti addormenti di sera
e se dormi, che dormi e che sogni che fai.
E tu scrivimi, scrivimi per il bene che conti
per i conti che non tornano mai
se ti scappa un sorriso e ti si ferma sul viso
quell'allegra tristezza che ci hai
Qui la gente va veloce ed il tempo corre piano
come un treno dentro a una galleria
tra due giorni è Natale e non va bene e non va male
buonanotte torna presto e così sia.
E tu scrivimi, scrivimi
se ti viene la voglia
e raccontami quello che fai
se cammini nel mattino e ti addormenti di sera
e se dormi, che dormi e che sogni che fai. 






nedelja, 14. november 2004

16 MA COME FANNO I MARINAI (Francesco De Gregori)




Ma dove vanno i marinai
con le loro giubbe bianche
sempre in cerca di una rissa o di un bazar
Ma dove vanno i marinai
con le loro facce stanche
sempre in cerca di una bimba da baciar.
Ma cosa fanno i marinai
quando arrivano nel porto
vanno a prendersi l'amore dentro al bar
qualcuno è vivo per fortuna
qualcuno è morto
c'è una vedova da andare a visitar.
Ma come fanno i marinai
a riconoscersi sempre uguali sempre quelli
all'Equatore e al Polo Nord
ma come fanno i marinai
a baciarsi tra di loro
a rimanere veri uomini però.
Intorno al mondo senza amore
come un pacco postale
senza nessuno che gli chiede come va
col cuore appresso a una donna
una donna senza cuore
chissà se ci pensano ancora, chissà.
Ma dove vanno i marinai
mascalzoni imprudenti
con la vita nei calzoni
col destino in mezzo ai denti
sotto la luna puttana e il cielo che sorride
come fanno i marinai
con questa noia che li uccide
addormentati sopra un ponte
in fondo a malincuore
sognano un ritorno smaltiscono un liquore
affaticati dalla vita piena di zanzare
che cosa gliene frega
di trovarsi in mezzo al mare
a un mare che più passa il tempo
e più non sa di niente
su questa rotta inconcludente
da Genova a New York
ma come fanno i marinai
a fare a meno della gente
e rimanere veri uomini però.
Intorno al mondo senza amore
come un pacco postale
senza nessuno che gli chiede come va
col cuore appresso a una donna
una donna senza cuore
chissà se ci pensano ancora,
chissà.




ponedeljek, 10. maj 2004

15 LA LEVA CALCISTICA DELLA CLASSE '68 (Francesco De Gregori)

 

Sole sul tetto dei palazzi in costruzione,
sole che batte sul campo di pallone e terra
e polvere che tira vento e poi magari piove.
Nino cammina che sembra un uomo,
con le scarpette di gomma dura,
dodici anni e il cuore pieno di paura.
Ma Nino non aver paura a sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai di giocatori
che non hanno vinto mai
ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro
e adesso ridono dentro a un bar,
e sono innamorati da dieci anni
con una donna che non hanno amato mai.
Chissà quanti ne hai veduti, chissà quanti ne vedrai.
Nino capì fin dal primo momento,
l'allenatore sembrava contento
e allora mise il cuore dentro alle scarpe
e corse più veloce del vento.
Prese un pallone che sembrava stregato,
accanto al piede rimaneva incollato,
entrò nell'area, tirò senza guardare
ed il portiere lo fece passare.
Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette,
questo altro anno giocherà con la maglia numero sette. 




nedelja, 11. april 2004

14 LA DONNA CANNONE (Francesco De Gregori)









Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno,
giuro che lo farò,
e oltre l'azzurro della tenda nell'azzurro io volerò.
Quando la donna cannone
d'oro e d'argento diventerà,
senza passare dalla stazione
l'ultimo treno prenderà.
E in faccia ai maligni e ai superbi il mio nome scintillerà,
dalle porte della notte il giorno si bloccherà,
un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà
e dalla bocca del cannone una canzone suonerà.
E con le mani amore, per le mani ti prenderò
e senza dire parole nel mio cuore ti porterò
e non avrò paura se non sarò bella come dici tu
ma voleremo in cielo in carne ed ossa,
non torneremo più...
e senza fame e senza sete
e senza ali e senza rete voleremo via.
Così la donna cannone,
quell'enorme mistero volò
tutta sola verso un cielo nero nero s'incamminò.
Tutti chiusero gli occhi nell'attimo esatto in cui sparì,
altri giurarono e spergiurarono che non erano stati lì.
E con le mani amore, con le mani ti prenderò
e senza dire parole nel mio cuore ti porterò
e non avrò paura se non sarò bella come vuoi tu
ma voleremo in cielo in carne ed ossa,
non torneremo più...
E senza fame e senza sete
e senza ali e senza rete voleremo via... 





ponedeljek, 29. marec 2004

13 LA CASA DI HILDE (Francesco De Gregori)


L'ombra di mio padre due volte la mia,
lui camminava e io correvo,
sopra il sentiero di aghi di pino,
la montagna era verde.
Oltre quel monte il confine,
oltre il confine chissà,
oltre quel monte la casa di Hilde.
Io mi ricordo che avevo paura,
quando bussammo alla porta,
ma lei sorrise e ci disse di entrare,
era vestita di bianco.
E ci mettemmo seduti ad ascoltare il tramonto,
Hilde nel buio suonava la cetra.
E nella notte mio padre dormiva,
ma io guardavo la luna,
dalla finestra potevo toccarla,
non era più alta di me.
E il cielo sembrava più grande
ed io mi sentivo già uomo.
Quando la neve scese a coprire la casa di Hilde.
Il doganiere aveva un fucile
quando ci venne a svegliare,
disse a mio padre di alzare le mani
e gli frugò nelle tasche.
Ma non trovò proprio niente,
solo una foto ricordo.
Hilde nel buio suonava la cetra.
Il doganiere ci strinse la mano
e se ne andò desolato,
e allora Hilde aprì la sua cetra
e tirò fuori i diamanti.
E insieme bevemmo del vino
ma io solo mezzo bicchiere.
Quando fù l'alba lasciammo la casa di Hilde.
Oltre il confine,con molto dolore,
non trovai fiori diversi,
ma sulla strada incontrammo una capra
che era curiosa di noi.
Mio padre le andò più vicino
e lei si lasciò catturare,
così la legammo alla corda e venne con noi. 







sreda, 17. marec 2004

12 LA CAMPANA (Francesco De Gregori)

 

La campana ha suonato tutto il giorno,
là dove i cani hanno abbaiato, ho pianto lacrime
fino all'osso, lacrime d'osso sul selciato.
Incollato sull'asfalto della strada,
ma è stato così lontano,
dalla dolcezza cui tutti hanno diritto.
Io con un fascio di giornali in mano.
E con un fascio di giornali in mano pensavo,
si può anche morire di dolore.
I miei amici, lo sai, sono tutti segnati, i miei amici,
lo sai, sono tutti in galera,
sono tutti fregati, sono tutti schedati.
E avevo nella testa una fontana,
una pioggia di pensieri cattivi,
mentre la gente seduta al tavolino
contava il tempo con gli aperitivi.
Ed io incollato sulla strada pensavo,
ma tutto questo deve pure finire,
e camminavo come un uomo tranquillo.
E sotto questo grande cielo azzurro,
finalmente, mi sentivo un uomo solo.
I miei amici lo sai, sono tutti segnati,
i miei amici, lo sai, sono tutti in galera,
sono tutti fregati, sono tutti schedati. 




četrtek, 28. avgust 2003

11 IL '56 (Francesco De Gregori)


A guardare nei ricordi sembra ancora ieri
che salivo su una sedia per guardare i treni
da dietro alla finestra un cortile grande, un bambino, un bambino.
Mio fratello che studiava lingue misteriose
in ginocchio su una sedia coi capelli corti
eravamo forse solo nel '56, un bambino, un bambino
E tutto mi sembrava andasse bene, e tutto mi sembrava andasse bene
tra me e le mie parole, tra me e le mie parole, e la mia anima.
Il Natale allora sì che era una festa vera
cominciavo ad aspettarlo quattro mesi prima
i regali mi duravano una settimana, un bambino, un bambino.
Mi ricordo le fotografie dei carri armati
io passavo i pomeriggi a ritagliarle
a incollarle sopra pezzi di cartone, un bambino, un bambino
E tutto mi sembrava andasse bene, e tutto mi sembrava andasse bene
tra me e le mie parole, tra me e le mie parole, e la mia anima. 






torek, 27. maj 2003

1o GIOVANE ESPLORATORE TOBIA (Francesco De Gregori)


Giovane esploratore Tobia,
quindici anni a Settembre,
pressapoco un bambino.
Scrive il suo nome nella grotta del bue marino,
con la sua strana calligrafia,
giovane esploratore Tobia.
Giovane esploratore Tobia,
nato da un padre d'acciaio
e da una madre distratta.
Alle spalle un'infanzia igienicamente perfetta,
morbillo, tristezza e nessun'altra malattia,
giovane esploratore Tobia.
Giovane esploratore Tobia,
parte per la gita scolastica
e non sa che fare.
Gira la testa e vede un vagone bruciare,
tira l'allarme e salva la ferrovia,
giovane esploratore Tobia. 





torek, 13. maj 2003

o9 GESÙ BAMBINO (Francesco De Gregori)









Gesù piccino piciò, Gesù Bambino,
fa che venga la guerra prima che si può.
Fa che sia pulita come una ferita piccina piciò,
fa che sia breve come un fiocco di neve.
E fa che si porti via la malamorte e la malattia,
fa che duri poco e che sia come un gioco.
Tu che conosci la stazione e tutti quelli che ci vanno a dormire,
fagli avere un giorno l'occasione di potere anche loro partire.
Partire senza biglietto, senza biglietto
volare via, per essere davvero liberi non occorre la ferrovia.
E fa che piova un pò di meno sopra quelli che non hanno ombrello
e fa che dopo questa guerra il tempo sia più bello.
Gesù piccino piciò, Gesù Bambino
comprato a rate, chissà se questa guerra potrà finire prima dell'estate,
perchè sarebbe bello spogliarci tutti e andare al mare
e avere dentro agli occhi, dentro al cuore,
tanti giorni ancora da passare.
E ad ogni compleanno guardare il cielo
ed essere d'accordo e non avere più paura,
la paura è soltanto un ricordo.
Gesù piccino piciò, Gesù Bambino alla deriva,
se questa guerra deve proprio farsi fa che non sia cattiva.
Tu che le hai viste tutte e sai che tutto non è ancora niente,
se questa guerra deve proprio farsi fa che non la faccia la gente.
E poi perdona tutti quanti, tutti quanti tranne qualcuno,
e quando poi sarà finita fa che non la ricordi nessuno.