LA PAROLA DI DIO TRADOTTA IN IMMAGINI
3) MARC CHAGALL (1887-1985), Passaggio del Mar Rosso, Assy, Notre Dame de Toute Grâce, parete a maioliche, 1952-1956.
Il Cristianesimo è nato in seno al popolo ebraico e si è inizialmente diffuso nell'area del Mar Mediterraneo, nell'ambito della civiltà ellenistica.
Il Giudaismo rigoroso osteggiò sempre la raffigurazione di Dio (4); i Greci, invece, produssero una gran mole di immagini di divinità.
Ma non è nelle creazioni della fantasia umana che bisogna ricercare Dio: ciò è risaputo sia dagli ebrei che dai cristiani.
La presenza di Dio si avverte nella sua parola taumaturgica e salvifica.
Mediante la sua parola, Dio, rivelandosi, è intervenuto nella storia, e questo Dio ha vietato di essere rappresentato in immagini.
Eppure parole e immagine non possono essere del tutto separate l'una dall'altra.
Ogni parola evoca negli uomini una certa rappresentazione figurativa.
In linea di principio e del tutto legittimamente ogni parola può essere in vario modo tradotta in immagine.
Questa circostanza richiama alla mente i sistemi di scrittura che all'inizio dei tempi erano sistemi ideografici e solo in seguito trascrizioni fonetiche.
4) Quattro scene bibliche: Mosè fa scaturire l'acqua dalla roccia, il paralitico guarito, Cristo con l'emorroissa, Noè nell'arca, Roma, catacomba dei Ss. Pietro e Marcellino, affresco, 2, 30/2, 30 m., fine III o primo decennio del IV secolo (acquarello di Tabanelli).
5) Particolare di Fig. 4: Mosè e il paralitico guarito.
Originariamente, infatti, il significato riferito poteva essere riconosciuto in un simbolo linguistico costituito da un'immagine semplificata.
Solo in un secondo momento i simboli grafici vennero impiegati in modo da ricalcare il suono e il tono delle sillabe e delle parole.
Apprendere tale sistema di scrittura fonetica o padroneggiare un complicato tipo di scrittura costituita da ideogrammi abbreviati era, in tutte le civiltà, finno ad un tempo non molto lontano, un compito riservato a un ristretto ceto superiore colto.
Se qualcosa doveva essere comunicato ad una persona del popolo incolto, si doveva ricorrere all'uso delle immagini.
Infatti, ognuno è in grado di interpretare subito un'immagine secondo il suo significato senza bisogno di un lungo processo di apprendimento.
Ma l'immagine non si limita ad essere il sistema di scrittura per le persone semplici e incolte, essa possiede un importante vantaggio nei confronti della parola.
6) Passaggio del Mar Rosso, Damasco (Siria), Museo Nazionale, affresco nella sinagoga di Dura Europos, ca. 1, 16/2, 30 m., tra il 245 e il 256 d.C.
7) Guarigione del paralitico, New Haven (Conn.), Yale University Art Gallery, affresco dell'edificio cristiano di Dura Europos, ca. 1, 00/0, 75 m., ca. 240.
La parola pronunciata si spegne; l'immagine perdura fino a quando non viene meno il suo supporto materiale, la superficie sulla quale è rappresentata o i colori con i quali è stata dipinta.
L'immagine rimane ed è un testimone stabile che in ogni momento può ridestare il ricordo della parola annunciata.
Tra immagine e parola sussiste un raporto intimo. L'immagine è un tipo di parola più incisivamente espressa, la quale, essendosi materializzata, è divenuta permanente, si è per cosí dire solidificata.
La parola è l'anima di ogni immagine, piú viva di questa, piú interiore; comunicazione piú immediata da persona a persona.
Nella parola, sia colui che parla sia quanto è stato detto sono presenti con una intensità maggiore di colui che dipinge e di quanto è stato rappresentato.
L'immagine, infatti, è un mezzo di comunicazione frapposto tra i comunicanti, essendo di natura materiale e dovendo necessariamente occupare uno spazio.
L'immagine, in un certo senso, resta in attesa fino a quando non vi sia qualcuno che legga la parola in essa contenuta e la esprima.
Soltanto in questo modo l'immagine diventa veicolo di comunicazione tra gli uomini.
L'immagine con la sua possibilità di essere continuamente vista può stare nel centro di uno spazio.
Le persone riunite attorno ad essa possono vedervi espressi i propri ideali, anzi identificarvisi.
Alla parola tale caratteristica di centralità spaziale manca.
In compenso la parola detta riesce a penetrare piú profondamente, oltre ogni spazio percepito o immaginato, nella singola persona, nella sua anima, ed è capace, partendo da lí, da quasto luogo recondito, di agire piú incisivamente di quanto non faccia l'immagine.
8) Biblia Pauperum: Il battesimo di Cristo e la tentazione nel deserto, Vienna, Oesterreichische Nationalbibliothek, Cod. 1198, Fol. 3, 0, 36/0, 25 m., ca. 1320.
Per esprimere questa realtà, Gesú ha adoperato la parabola del seme che cade in terreno fertile.
Dio si è manifestato nella Parola, la quale, in seguito all'apertura di fede di singoli uomini, è giunta nel piú profondo di essi e li ha completamente trasformati in strumenti di Dio e della sua azione salvifica.
La Sacra Scrittura narra di tali persone, di Abramo, di Mosè e di Maria, l'ultima di questa schiera, la quale, accettando di divenire Madre di Dio, ha portato la Parola alla sua pienezza, alla sua incarnazione.
Strettamente connessa col divieto delle immagini è una seconda affermazione dell'Antico Testamento: l'uomo è creato ad immagine di Dio (cf. Genesi 1,27), ovvero, come il testo propriamente afferma, creato per essere immagine di Dio.
Non c'è immagine di Dio che l'uomo possa figurarsi o ideare, in quanto egli stesso è destinato non a produrre, bensí ad essere tale immagine.
Quando la parola di Dio dispiega i propri effetti in una persona, questa diventa immagine di Dio.
In tale persona l'azione potente di Dio si rende leggibile.
Il divieto delle immagini divine rappresenta una rinuncia e la piú drastica che si possa immaginare; esso costituisce un rinvio alla pura fede, la quale non vede Dio, bensí lo esperimenta lasciandosi coinvolgere dalla parola.
La proibizione delle immagini significa un invito all'interiorità, ad una vita radicata il piú profondamente possibile nell'ascolto di Dio.
Ma anche se l'accento viene in tal modo posto con la massima intensità sulla parola, non si può comunque fare completamente a meno dell'immagine.
Anche nell'Antico Testamento alcune figure di angeli, i Cherubini, adornano l'Arca dell'Alleanza (cf. Esodo 25,18) e indicano in modo visibile la presenza di Dio
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