četrtek, 25. september 2003

134 IL DRAGONE (Valerio Ciprì)

 
ORIGINAL
 

''samo spremljava''
 


Questa è la storia di un grosso dragone,
di un animale che un giorno arrivò
in un giardino dai mille colori
tra fiori e frutti che mai assaggiò.
Un giorno vide una piccola donna
che nel giardino felice cantava
e lui, invidioso di quella letizia,
per farle del male i pretesti cercava.
Prese da un albero assai pregiato
un frutto che mai aveva toccato
ed alla donna lo porse suadente
con le moine di un vero serpente.
Diceva, come un grande oratore:
" Se tu lo mangi, vedrai, in poche ore
potrai ben dire: il mondo è mio!
perché sarai grande al pari di Dio".
La donna era tanto innocente
e non si accorse quasi di niente,
mangiò del frutto e ne diede al marito,
anche se Dio glielo aveva proibito.
Quel losco figuro, il dragone serpente
sfregava le mani e inneggiava vincente,
perché quel giorno per lui fortunato
il fiore più bello aveva macchiato.
Per lunghi secoli senza guinzaglio
di ogni uomo lui fece un bersaglio:
scettro ai potenti e ai ricchi la gloria,
ai dadi giocava sconfitta e vittoria.
Ai derelitti non ci badava
la povera gente per lui non contava,
diceva sempre con tono arrogante:
basta lasciarla affamata e ignorante.
Ma un brutto giorno, in un triste momento
provò nel suo corpo un grande sgomento:
non si era accorto che l'albero antico
del fiore più bello si era arricchito.
Così il dragone spumava rabbioso
e diventava ancor più permaloso
perché voleva, a costo di tutto,
che il candido fiore non desse il suo frutto.
Un'umile donna felice cantava
perché nel suo cuore la Vita portava,
nel suo candore non temeva niente,
nemmeno le spire del vecchio serpente.
E un giorno d'inverno nel cielo una stella
corse annunziando la Buona Novella.
Fu per i poveri un giorno di festa,
ma al vecchio dragone pesava la testa.
Era ormai giunto il tempo segnato
per lui sentiva odor di bruciato,
capì che quello era il bimbo predetto
che lo avrebbe vinto, a suo dispetto.
E da quel giorno, con furia infernale
lanciò contro il bimbo le forze del male;
offrì la sua gloria, ma la sua potenza
non fece una piega a quell'innocenza.
Per più di trent'anni nell'ira si cuoce,
poi viene un'idea: mettiamolo in croce!
E in men che si dica, nemmeno in un fiato
il suo avversario fu presto inchiodato.
Qui ti volevo vecchio dragone
tu non sapevi che la tua questione
sarebbe finita, per l'antica voce,
appena il Giusto appendevi alla croce.
Che brutta sorte, povero drago,
non l'avrebbe detto neppure un mago
che da un indifeso, persino inchiodato
avresti avuto il capo schiacciato.
Ma che ci vuoi fare, così van le cose:
le pietre scartate son pericolose,
le butti di lato, ma fino a che campi,
prima o dopo, di certo v'inciampi.
Ma ti sta bene, così imparerai:
chi semina male, raccoglie poi guai
e chi con malizia la spunta in battaglia
poi perde la guerra e la coda di paglia!
Ascolta me che ho un po' d'esperienza:
lascia la terra ed abbi pazienza
ed anche gli uomini, non li tentare:
Dio li ha fatti per potersi amare.
Vai nella tua tana e lasciaci in pace,
lì puoi sbuffare quanto ti piace.
E per finire ti dico la mia:
"Sparisci per sempre e così sia.
E così sia”.



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