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sobota, 8. maj 2004

67 LA LEGGENDA DEL PIAVE (Giovanni Ermete Gaeta; psudonimo: Ermete Alberto Mario)









Il Piave mormorava, calmo e placido al passaggio, dei primi fanti il ventiquattro maggio. 
L'esercito marciava, per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico una barriera.
Muti passaron quella notte i fanti, tacere bisognava e andare avanti!
S'udiva, intanto dalle amate sponde, sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero:
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"
Ma in una notte triste, si parlò di un fosco evento,
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto, poichè il nemico irruppe a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti, veniva a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde, sommesso e triste il mormorio dell'onde.
Come un singhiozzo, in quell'autunno nero,
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico, per l'orgoglio e per la fame, voleva sfogar tutte le sue brame.
Vedeva il piano aprico di lassù, voleva ancora,
sfamarsi e tripudiare come allora!

"No!" disse il Piave, "No!" dissero i fanti, "Mai più il nemico faccia un passo avanti!"
Si vide il Piave rigonfiar le sponde, e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro v
à, straniero!"
Indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento. E la Vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico: tra le schiere furon visti,
risorger Oberdan, Sauro, Battisti.
In franse alfin l'Italico valore, le forche e l'armi dell'impiccatore.
Sicure l'Alpi, libere le sponde, si tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul Patrio suolo, vinti i torvi imperi,
la pace non trovò, nè oppressi, nè stranieri.

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